La caccia è una delle attività praticate dagli uomini che porta all’uccisione degli animali. Non ci sono statistiche che indichino quanti animali vengano uccisi dai cacciatori; tuttavia, sappiamo che solo negli Stati Uniti sono registrati più di 13 milioni di cacciatori: tra questi i più giovani hanno 16 anni.1 Se ogni cacciatore uccidesse un animale all’anno, il numero di morti raggiungerebbe decine di milioni, ma dato che i cacciatori uccidono molti animali ogni anno, il vero numero di morti in tutto il mondo può raggiungere centinaia di milioni, se non miliardi.2
Se ogni cacciatore uccidesse un animale all’anno, il numero di morti raggiungerebbe decine di milioni, ma dato che i cacciatori uccidono molti animali ogni anno, il vero numero di morti in tutto il mondo può raggiungere centinaia di milioni, se non miliardi lo specismo o se semplicemente teniamo in considerazione gli interessi degli animali non umani, non abbiamo bisogno di nessuna di queste ragioni per poterci opporre alla caccia: basta semplicemente sottolineare come questa pratica danneggi gli animali in modi diversi.
Anche se i cacciatori cercano di giustificare le uccisioni menzionando la morte di esseri umani per mano di animali selvatici, attraverso affermazioni ambientaliste, affermando che sia accettabile cacciare se il corpo dell’animale viene mangiato, o semplicemente per il piacere che provoca loro questa attività, la caccia rimane comunque moralmente inaccettabile, se prendiamo in considerazione gli interessi degli animali. Gli animali cacciati devono sopportare paura e dolore e vengono poi privati delle loro vite. Comprendere l’ingiustizia rappresentata dallo specismo e gli interessi degli animali può farci capire che il piacere umano non può essere una giustificazione per il dolore causato loro.
Vari animali sono vittime della caccia. Nella cosiddetta “caccia grossa” i cacciatori uccidono animali di grossa taglia, tra i quali elefanti, orsi, rinoceronti e leoni. Ci sono poi “trofei di caccia”, che hanno come obiettivo piccoli volatili e mammiferi. Oggi i cacciatori uccidono gli animali utilizzando fucili, nonostante in alcuni paesi sia tradizione cacciare determinati animali utilizzando i cani. Questi non solo aiutano a catturare l’animale, ma anche ad ucciderlo. In altri casi gli animali vengono cacciati con arco e frecce, o addirittura con l’ausilio di lance.
I cacciatori uccidono gli animali nelle campagne vicine a dove vivono, oppure viaggiano dove possono trovare altri animali diversi. In altri casi, vanno in zone private e pagano il proprietario per poter cacciare sul suo territorio. In alcuni ranch gli animali vengono mantenuti apposta per i cacciatori, che pagano per poterli uccidere. Questo tipo di caccia è conosciuto con il termine di “canned hunting”, che significa letteralmente “caccia in scatola”. Gli animali rinchiusi nella proprietà privata vengono a volte comprati da commercianti specializzati o in altri casi dai circhi, dove gli animali sono anziani e incapaci di esibirsi, dagli zoo o da altri show che utilizzano animali. Questi, che vengono addomesticati e si abituano alla presenza dell’uomo, possono essere uccisi molto facilmente.
La caccia avviene alche durante i safari. Queste battute di caccia sono costose e i partecipanti possono anche cacciare per diversi giorni, durante i quali sono accompagnati da cacciatori professionisti, da guide e da facchini. Gli obbiettivi della caccia durante i safari sono gli animali rari ed esotici.
Nel 2005 sorse una controversia quando un’azienda su internet annunciò che avrebbe offerto un servizio di caccia online, che avrebbe permesso ai clienti di uccidere gli animali con l’ausilio di webcam e armi azionabili a distanza. Questa modalità di uccisione degli animali, chiamata “caccia in internet”, nonostante sia ampliamente criticata, rimane legale in alcune zone.3
Alcuni tipi di caccia sono considerati tradizionali perché nelle comunità in cui sono praticate, gli animali sono stati cacciati per lungo tempo, nonostante i metodi utilizzati per catturarli ed ucciderli ormai non siano più considerabili tradizionali (come nel caso della tribù Makah in nord America, che caccia le balene con le moto d’ acqua e i fucili). Gli animali soffrono e muoiono comunque, sia che vengano uccisi con mezzi tradizionali, sia che vengano utilizzati metodi moderni.
Mentre alcune forme di caccia sono illegali, altre non lo sono. Chi caccia illegalmente viene chiamato “bracconiere”. I bracconieri cacciano per divertimento o per fini economici; In alcuni paesi, inclusi gli Stati Uniti, i bracconieri possono uccidere tanti animali quanti ne uccidono i cacciatori regolari, che spesso li temono. Tuttavia, non c’è differenza tra gli animali uccisi legalmente e quelli uccisi illegalmente: se considerassimo pienamente gli interessi degli animali, dovremmo opporci a tutte le forme di uccisione: entrambe causano gli stessi danni, e in questo senso, sono identiche.
Un tentativo di giustificare la caccia è che i cacciatori fanno agli animali ciò che gli animali si farebbero vicendevolmente. Contro questa affermazione, potremmo sottolineare che i predatori non umani non possono riflettere sulle proprie azioni, mentre gli uomini possono farlo. Ma il punto principale è che è vero che gli animali in natura possono comunque soffrire, ma noi umani non dovremmo alimentare tale sofferenza; dovremmo invece cercare di ridurla il più possibile. Il fatto che gli animali siano già stati feriti non è una ragione o un pretesto per fargli ancora più male. Dovremmo, invece, cercare di aiutarli.
In altri casi si pensa che la caccia sia necessaria per regolare la concentrazione di animali in natura. Questa affermazione si basa sull’idea che gli animali non umani abbiano importanza solamente in quanto parte dell’ambiente.4 Questo concetto si basa su un punto di vista conservazionista che da più importanza alla conservazione dell’ecosistema piuttosto che ai singoli esseri senzienti. Ciò che questa posizione non riconosce è che gli animali sono in grado di soffrire, mentre gli ecosistemi no. Questa posizione conservazionista standard viene promossa da enti quali WWF, Sierra Club, National Wildlife Federation, Audubon, Wilderness Society, Wildlife Legislative Fund of America, North American Wildlife Foundation, e molte altre organizzazione conservazioniste. Ci sono inoltre altre organizzazione ambientaliste che rifiutano alcune forme di caccia, ma tuttavia ne difendono altre perché tradizionali, o perché sono considerate necessarie per “controllare” certe popolazioni di animali. Greenpeace e diversi partiti ambientalisti di vari paesi sono esempi di questo tipo di organizzazioni.
Questi punto di vista supportano lo specismo, il che significa che hanno preconcetti contro gli animali, dato che questo atteggiamento non viene generalmente mantenuto in relazione agli esseri umani. Gli umani non hanno mai ucciso al fine di preservare un ecosistema. Gli ecosistemi non sono senzienti: non possono sentire dolore e hanno rilevanza solo nella misura in cui influiscono positivamente o negativamente nella vita delle creature che lo popolano. Gli animali invece sono creature senzienti. Per questo motivo, cacciare al fine di conservare la configurazione di un particolare ecosistema non è una ragione valida per uccidere esseri viventi.
A causa di dinamiche tipiche delle popolazioni , uccidere gli animali per regolare la dimensione di una popolazione diventa un’ azione problematica, se non contradditoria. Secondo le interazioni preda- predatore, oggetto di studio delle equazioni di Lotka-Volterra5, quando una certa popolazione di animali diminuisce, tale diminuzione potrà solo essere momentanea perché la popolazione di prede crescerà rapidamente non appena il numero di predatori venga eliminato, purché ci siano le risorse adeguate. Ciò significa che la popolazione di animali non decresce mai in maniera regolare. In realtà, l’unico modo per garantire che il tasso di popolazione non continui a crescere, raggiungendo nuovamente il suo livello inziale, è decimarla fino a impedirne la sopravvivenza. I cacciatori sono consapevoli di ciò, e affermano che le uccisioni devono avvenire regolarmente e in maniera permanente, come tagliare l’erba. Dietro l’etichetta di programmi di “gestione della fauna selvatica”, si nascondono diverse agenzie ambientaliste che in realtà promuovono l’allevamento di certi animali, in modo che possano trarre profitto dai cacciatori che pagheranno per ucciderli.
In alcuni casi, gli animali vengono introdotti in nuovi ambienti per essere cacciati. Gli animali che vengono spostati da certe aree ad altre frequentemente, possono trasmettere malattie ad altri animali. Gli animali provenienti da habitat diversi possono essere veicolo di malattie e immunità che gli animali locali possono non possedere. Un esempio è la malattia del deperimento cronico del cervo (una grave malattia neurologica) in Nord America, che si è diffusa tra i cervi e gli alci locali quando questi, allevati in cattività, sono stati spostati in zone diverse. Non solo le nuove e le vecchie popolazioni possono contrarre nuove malattie, ma anche gli stessi animali che sono stati spostati possono diventare vulnerabili alla morte di massa se vengono poi dichiarati specie estranee e invasive.
Alcuni animali, come i roditori, le volpi e i cinghiali, vengono cacciati e uccisi perché considerati infestanti o parassiti. Definirli tali è soggettivo: vengono chiamati in questo modo semplicemente perché i loro interessi (molto spesso, vitali) sono in conflitto con quelli umani, che possono essere piuttosto irrilevanti.6
Gli animali uccisi dai cacciatori vengono privati delle loro vite, e quindi anche di ogni possibilità di godersi qualsiasi piacere futuro. Oltre a perdere la vita, le vittime della caccia soffrono la paura e lo stress mentre sono inseguiti e quelli che sopravvivono sono spesso feriti. A volte le vittime sono genitori con prole che dipende da loro e di conseguenza perciò, anche i loro cuccioli sono destinati a morire, lentamente, di fame.
Animali come i cervi ad esempio, soffrono di stress e sono costretti a condizioni che li spingono al di là dei loro limiti. Quando sono inseguiti, i cervi corrono per salvarsi la vita fino all’esaurimento.7 Lo fanno perché terrorizzati e la paura aumenta man mano che realizzano che non possono scappare. Soffrono di terrore psicologico per tutto il tempo fino alla morte.
La paura di morire è terribile. La maggior parte di noi accetta questo concetto come un dato di fatto. Tuttavia non dobbiamo fare affidamento solo sull’intuizione e sull’esperienza. Questo fatto è stato valutato anche scientificamente: gli scienziati hanno identificato degli indicatori di stress negli animali e li hanno utilizzati per esaminare i livelli di stress degli ungulati che vivono allo stato selvatico.
Uno di questi indicatori è il livello degli ormoni dello stress, come il cortisolo.8 Si è riscontrato che gli animali cacciati presentano concentrazioni di cortisolo che indicano grande stress fisiologico e psicologico. In uno studio, i livelli di cortisolo nei cervi aveva raggiunto livelli che mai erano stati osservati negli animali prima, nemmeno quando sottoposti ad attività fisica estrema. Giustificare tali livelli di cortisolo può essere difficile ma non se arriviamo alla conclusione che derivano da un altissimo livello di stress psicologico.9 Altri indicatori includono danni ai muscoli, danni alle cellule del sangue e l’esaurimento del glicogeno che si trasforma nel glucosio necessario per dare energia ai muscoli.10
Tra gli scienziati c’è consenso sul fatto che è probabile che i cervi soffrano moltissimo durante le fasi finali della caccia, in quanto sono sottoposti ripetutamente a periodi di sforzo fisico estremo e i loro muscoli iniziano a cedere. Inoltre, l’alta temperatura corporea dei cervi sottoposti ai test rispecchia gli alti livelli di stress, in quanto la fisiologia dei cervi non è adatta a lunghi periodi di sforzo, ma a brevi scatti.11
Queste osservazioni sono la prova che i cervi in queste situazioni provano stress fisico e psicologico. Durante la caccia i cervi non possono scegliere se continuare a scappare o no; sono costretti a correre al di là delle loro capacità finché non ce la fanno più. I cervi sono spinti dalla paura di essere catturati e di venire uccisi. Qualcosa di simile succede anche ad altri animali, come le alci e i cervi americani, e ad altri erbivori che sono inseguiti dai cacciatori.
Altri animali più piccoli soffrono nello stesso modo quando sono catturati. Molti cacciatori, inclusi i cacciatori di volpi, dicono di essere affezionati ai cani. Questo è un paradosso, dato che le volpi sono geneticamente simili ai cani. Abbiamo motivo di dedurre che entrambe le specie abbiano la stessa capacità di provare dolore e piacere.
Le volpi possono anche essere rincorse finché esauste, e possono essere ferite molte volte finché non muoiono. Il tasso di animali feriti (al contrario delle uccisioni) può arrivare a raggiungere il 48% quando viene utilizzato un fucile, e il 60% quando viene utilizzato un fucile a pompa. Anche i cecchini più esperti spesso mancano il loro bersaglio.12 Inoltre, le volpi possono anche soffrire significativamente quando sono cacciati dai cani.
Quando sono rincorse dai segugi le volpe possono provare a scappare sottoterra. Un terrier spesso viene mandato nella tana della volpe per tenerla sotto tiro mentre i cacciatori scavano per far uscire la volpe. La volpe, incapace di scappare, provare puro terrore, che può solo aumentare.13
In questa situazione possono nascere delle lotte tra le volpi e i cacciatori. Le volpi uccise dai segugi soffrono un trauma profondo inflitto da numerosi morsi.14 Sguinzagliare i cani contro le volpi è diventato uno sport vero e proprio, simile alle lotte tra cani. Non è molto coerente opporsi alle lotte tra cani ma accettare la caccia alla volpe.
Ovviamente le volpi non sono gli unici animali che soffrono per via della caccia. Altre prede, come i visoni (che vengono tradizionalmente cacciati in diversi paesi), possono soffrire moltissimo per lo stesso motivo.15
Anche animali più comuni come i conigli e le lepri vengono cacciati. In alcuni paesi, vengono utilizzati dei metodi tradizionali: nei paesi di lingua inglese, ad esempio ci sono due tipi di caccia alla lepre chiamati caccia informale e caccia organizzata. Nella caccia informale i cani vengono sguinzagliati contro qualsiasi cosa si presenti davanti a loro, mentre nella caccia organizzata questi vengono portati in una zona di caccia.
Nonostante infliggere ferite o uccidere le lepri non sia il principale obiettivo della caccia coi cani, queste conseguenza sono molto comuni. Le lepri soffrono a causa di ferite al petto, al collo e all’addome che ne causano una morte lenta. I club di caccia dispongono di una persona con la funzione di “raccoglitore” che rompe il collo delle lepri ferite.
Questi animali possono essere feriti agli arti e alle costole, possono presentare un addome perforato, ed emorragie interne. Uno studio ha determinato che in un gruppo di lepri che è stato ferito, solo meno della metà (43%) non è morta, finché la persona che le ha catturate le uccide rompendogli il collo. Circa il 50% delle lepri probabilmente è morta per le ferite inflitte durante la caccia, o dopo essere state catturate. Solo una lepre è stata uccisa dai cani.16
Ci sono stati vari rapporti riguardo le lepri morte durante le battute di caccia, nelle quali queste vengono liberate di fronte ai cani stessi. Un rapporto conferma che le morti possono raggiungere il 48%, perfino quando i cani hanno la museruola.17
Uno studio compiuto dalla Irish Hare Initiative ha anallizzato l’impatto delle miopatia da cattura (una patologia mortale che include l’arresto cardiaco, la mancanza di circolazione del sangue a diverse parti del corpo e l’insufficienza epatica) nelle lepri successivamente alla caccia, scoprendo che tale patologia sorge come conseguenza di grande stress e paura derivanti dall’essere inseguite, prese, trasportate o catturate, tutte manovre che corrispondono a esperienze estremamente stressanti per una lepre selvatica.18
Durante una battuta di caccia, immediatamente dopo che è stata liberata, la lepre si ferma, ma non perché “sta aspettando i cani”, come suggeriscono i cacciatori, ma perché le lepri non si aspettano di essere inseguite. Dal momento in cui vengono catturate per essere utilizzate nella caccia al momento in cui vengono liberate, non dispongono più delle loro normali vie di fuga. Questa è una situazione molto insolita per una lepre19, ed è probabile che sia molto stressante. Inoltre, come i cervi, le lepri sono abituate, per motivi evolutivi, a scattare velocissime per un breve periodo piuttosto che fuggire ai cacciatori. Durante le battute di caccia devono correre a lungo, il che causa uno stress prolungato.20 Tuttavia, perfino se una situazione così stressante fosse normale nella vita di una lepre, non sarebbe giustificabile riprodurre tale condizioni intenzionalmente.
A volte i cacciatori seguono le tracce delle loro vittime per ore prima di trovarle. Ciò succede in particolare ai cacciatori con l’arco, i quali non sono in grado di trovare gli animali fuggiti scappati, che muoiono lentamente in agonia. Per quanto riguarda il numero di animali recuperati dai cacciatori che utilizzano gli archi, le stime confermano che il numero di animali feriti non vengono mai ritrovati oscilla tra il 27% e il 50%.21
A volte i cacciatori seguono le tracce delle loro vittime per ore prima di trovarle. Ciò succede in particolare ai cacciatori con l’arco, i quali non sono in grado di trovare gli animali fuggiti scappati, che muoiono lentamente in agonia. Per quanto riguarda il numero di animali recuperati dai cacciatori che utilizzano gli archi, le stime confermano che il numero di animali feriti non vengono mai ritrovati oscilla tra il 27% e il 50%.22
Inoltre, molti animali fuggiti dai cacciatori muoiono per altre ragioni. Possono essersi feriti perché sono caduti mentre cercavano di evitare degli ostacoli. Possono anche correre fino a ritrovarsi in aree suburbane o su strade dove possono essere uccisi da macchine o da altri umani.
Quando vengono feriti e riescono a scappare, gli animali dovranno vivere con il dolore inflitto dalle ferite ricevute, che spesso è cronico. Quelli che alla fine muoiono a causa di queste ferite passano il resto della loro vita in agonia.
Un animale ferito può metterci settimane per morire. Molti di questi animali non muoiono direttamente a causa delle loro ferite ma perché incapaci di compiere normali attività. Molti semplicemente muoiono di fame perché le loro ferite gli impediscono di cercare cibo.
Infine, come nel caso degli animali che temono i predatori, gli animali che sono stati in contatto con i cacciatori cercano di evitare gli umani il più possibile. Avendo paura di essere cacciati, non rischiano di mangiare in posti dove sono più visibili e come risultato possono soffrire di malnutrizione. In ecologia, questo viene chiamati “ecologia della paura” e avviene quando possibili prede hanno paura dei predatori. Può succedere anche con predatori umani.23
Altri animali che possono soffrire a causa della caccia sono i cani utilizzati nella stessa. Sono comunemente allevati e separati dalle loro madri per essere venduti giovani e quando perdono la loro utilità possono essere venduti, abbandonati o uccisi, a volte impiccati sugli alberi. A volte i cani si perdono mentre sono a caccia nella foresta (in cui le probabilità di sopravvivenza possono essere limitate) e non vengono più recuperati.
Inoltre, spesso soffrono per le temperature rigide. Soffrono per il freddo eccessivo o il caldo quando vengono trasportati verso il posto in cui cacceranno. Infatti, nella caccia alla volpe, i cani possono infliggersi ferite orribili se scoppia un litigio tra loro. A volte vengono anche scambiati per il bersaglio dal cacciatore, che gli spara.
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1 U. S. Department of the Interior, Fish and Wildlife Service & U. S. Department of Commerce, U.S. Census Bureau (2002) 2001 National Survey of Fishing, Hunting, and Wildlife-Associated Recreation, [Washington]: U. S. Department of the Interior, Fish and Wildlife Service [consultato il 26 febbraio 2013].
2 It has been estimated that in the USA up to 200 million animals are hunted every year, though that figure could be higher. See In Defense of Animals (2015) “Hunting – “the murderous business”, Hunting, In Defense of Animals [consultato il 16 aprile 2015].
3 Seward, Z. M. (2007) “Internet hunting has got to stop – if it ever starts”, The Wall Street Journal, August 10 [consultato il 12 aprile 2013].
4 Johnson, E. (1981) “Animal liberation versus the land ethic”, Environmental Ethics, 3, pp. 265-273. Crisp, R. (1998) “Animal liberation is not an environmental ethic: A response to Dale Jamieson”, Environmental Values, 7, pp. 476-478. Shelton, J.-A. (2004) “Killing animals that don’t fit in: Moral dimensions of habitat restoration”, Between the Species, 13 (4) [consultato il 30 gennaio 2013].
5 Lotka, A. J. (1920) “Analytical note on certain rhythmic relations in organic systems”, Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 6, pp. 410-415 [consultato il 14 gennaio 2020]. Volterra, V. (1931) “Variations and fluctuations of the number of individuals in animal species living together”, in Chapman, R. N. (ed.) Animal ecology: With special reference to insects, New York: McGraw-Hill. Si veda per esempio questo modello predatore-preda o questo modello di equazioni Predazione-preda.
6 Young, S. M. (2006) “On the status of vermin”, Between the Species, 13 (6) [consultato il 14 gennaio 2016].
7 Bateson, P. & Bradshaw, E. L. (1997) “Physiological effects of hunting red deer (Cervus elaphus)”, Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, 264, pp. 1707-1714 [consultato il 20 aprile 2020].
8 Mentaberre, G.; López-Olvera, J. R.; Casas-Díaz, E.; Bach-Raich, E.; Marco, I. & Lavín, S. (2010) “Use of haloperidol and azaperone for stress control in roe deer (Capreolus capreolus) captured by means of drive-nets”, Research in Veterinary Science, 88, pp. 531-535.
9 White, P. J.; Kreeger, T. J.; Seal, U. S. & Tester, J. R. (1991) “Pathological responses of red foxes to capture in box traps”, The Journal of Wildlife Management, 55, pp. 75-80.
10 Rochlitz, I. & Broom, D. M. (2008) An update of ‘The review on the welfare of deer, foxes, mink and hares subjected to hunting by humans’, London: International Fund for Animal Welfare.
11 Bateson, P. & Bradshaw, E. L. (1997) “Physiological effects of hunting red deer (Cervus elaphus)”, op. cit.
12 Fox, N. C.; Rivers, S.; Blay, N.; Greenwood, A. G. & Wise, D. (2003) Welfare aspects of shooting foxes, London: The All Party Parliamentary Middle Way Group.
13 Broom, D. M. (1991) “Animal welfare: Concepts and measurement”, Journal of Animal Science, 69, pp. 4167-4175. Rochlitz, I. & Broom, D. M. (2008) An update of ‘The review on the welfare of deer, foxes, mink and hares subjected to hunting by humans’, op. cit.
14 Committee of Inquiry into Hunting with Dogs in England and Wales (2000) The Final Report of the Committee of Inquiry into Hunting with Dogs in England and Wales, Norwich: TSO [consultato il 16 aprile 2013].
15 Hartup, B. K.; Kolias, G. V.; Jacobsen, M. C.; Valentine, B. A. & Kimber, K. R. (1999) “Exertional myopathy in translocated river otters from New York”, Journal of Wildlife Diseases, 35, pp. 542-547 [consultato il 16 aprile 2020].
16 Committee of Inquiry into Hunting with Dogs in England and Wales (2000) The Final Report of the Committee of Inquiry into Hunting with Dogs in England and Wales, op. cit.
17 Rendle, M. (2006) “The impact of enclosed hare coursing on Irish hares”, BanBloodSports.com [consultato il 18 giugno 2013].
18 Rendle, M. & Irish Hare Initiative (2006) “Stress and capture myopathy in hares”, BanBloodSports.com [consultato il 18 giugno 2013].
19 Rendle, M. (2006) “The impact of enclosed hare coursing on Irish hares”, op. cit.
20 Reid, N.; McDonald, R. A. & Montgomery, W. I (2007) “Factors associated with hare mortality during coursing”, Animal Welfare, 16, pp. 427-434.
21 Ditchkoff, S. S.; Welch, E. R., Jr.; Lochmiller, R. L.; Masters, R. E.; Starry, W. R. & Dinkines, W. C. (1998) “Wounding rates of white-tailed deer with traditional archery equipment”, Proceedings of the Southeastern Association of Fish and Wildlife Agencies, 52, pp. 244-248. Pedersen, M. A., Berry, S. M. & Bossart, J. C. (2008) “Wounding rates of white-tailed deer with modern archery equipment”, Proceedings of the Southeastern Association of Fish and Wildlife Agencies, 62, pp. 31-34.
22 Bradshaw, E. L. & Bateson, P. (2000) “Welfare implications of culling red deer (Cervus elaphus)”, Animal Welfare, 9, pp. 3-24.
23 Horta, O. (2010) “The ethics of the ecology of fear against the nonspeciesist paradigm: A shift in the aims of intervention in nature”, Between the Species, 13 (10), pp. 163-187 [consultato il 5 marzo 2013].