Teorie sui diritti: l’approccio generale
Close-up of calf lying down in the grass

Teorie sui diritti: l’approccio generale

Le teorie sui diritti stabiliscono che non è possibile agire, tramite determinate azioni, contro altri soggetti in quanto essi sono titolari di diritti morali, ovvero godono di una protezione particolare. Ciò significa che l’interesse che il diritto difende non dovrebbe essere violato. Se un interesse è difeso da un diritto, non dovrebbe essere osteggiato, anche se ciò potrebbe essere vantaggioso per altre ragioni.

Tipi di diritti

L’etica riconosce l’esistenza dei “diritti morali”, mentre la giurisprudenza intende il termine “diritto” in maniera differente. In un sistema giuridico, gli individui godono di diritti legali, i quali proteggono gli interessi dei singoli. Tuttavia, i diritti morali e quelli legali sono due concetti diversi e, poiché il presente testo ha un approccio etico, si concentrerà esclusivamente sui primi.

Tipologie di teorie dei diritti

Esistono due tipologie di teorie dei diritti: quella realista e quella costruttivista. Nel primo caso, il singolo è intrinsecamente titolare dei diritti, i quali vanno riconosciuti o, in alcuni casi, conquistati affinché vengano rispettati. Secondo la prospettiva costruttivista, invece, la migliore condotta da tenere nei confronti degli altri soggetti è quella di concedere loro un diritto o di lottare affinché esso venga rispettato. Tale teoria non prevede che gli individui siano intrinsecamente titolari dei propri diritti, ma che quest’ultimi vengano concessi dagli altri soggetti.

Le teorie dei diritti sono normalmente teorie deontologiche, ovvero sostengono che non esistono norme a cui dovremmo sempre obbedire a prescindere dalla circostanza. Al contrario, andrebbero rispettate solo quando si presenta l’occasione, anche se ciò comporterebbe una violazione da parte nostra o degli altri in futuro.

In seguito, troviamo le teorie consequenzialiste, le quali mirano a massimizzare i diritti da rispettare e a minimizzare quelli che vengono violati, indipendentemente da chi commette la violazione e quando.

Al contrario, le teorie dei diritti “classiche”, quelle deontologiche, sostengono che i diritti debbano essere sempre rispettati, anche se ciò comporterebbe la violazione di altri diritti o il mancato rispetto dei diritti altrui in futuro. Secondo la prospettiva antropocentrica, i titolari dei diritti possono essere solo gli esseri umani. Tuttavia, tale approccio viene spesso criticato asserendo che la soggettività giuridica andrebbe estesa anche agli animali non umani (in questa sezione, vengono esaminati i diversi approcci etici che considerano gli esseri non umani come soggetti giuridici).

Le tesi contro i diritti degli animali

Una critica che viene spesso mossa all’assegnazione dei diritti agli animali non umani sostiene che solo chi può rispettare i diritti altrui può essere considerato a sua volta un soggetto giuridico. Tale argomentazione ha ricevuto diverse risposte di carattere generale. Tuttavia, nello specifico, non è coerente applicare tale approccio solo nel caso degli animali, poiché di fatto ciò non sussiste per gli esseri umani. Infatti, esistono individui che non sono in grado di riconoscere i diritti altrui (come ad esempio i neonati), ma sono comunque soggetti giuridici. Le teorie dei diritti che sono più comunemente accettate oggi non applicano tale argomentazione, ma cercano di giustificare il motivo per cui viene estesa la soggettività giuridica a una determinata categoria in base agli interessi dei membri che la compongono.

Un’altra tesi contro i diritti dei non umani cerca di dimostrare che sarebbe impossibile rispettare i diritti della maggior parte degli animali e, pertanto, quest’ultimi non dovrebbero essere riconosciuti come soggetti giuridici. Tale argomentazione tenta di rispondere a coloro che sostengono che se un individuo viene considerato un soggetto giuridico, allora i suoi diritti devono essere rispettati. Ne consegue che, se anche gli animali non umani venissero considerati soggetti giuridici, allora dovremmo rispettare i loro diritti. La critica che viene mossa contro questa teoria si basa sul fatto che, poiché gli animali non umani che vivono allo stato brado spesso si danneggiano a vicenda, rispettare i diritti di una specie potrebbe portare alla violazione dei diritti delle altre.

Tale tesi mira a dimostrare che gli animali non umani non possono essere titolari di diritti, poiché le loro richieste non possono essere rispettate, rendendo assurda l’idea di concedere loro una soggettività giuridica (la questione viene esaminata nel dettaglio nella sezione dedicata a come aiutare gli animali allo stato brado). Tuttavia, le cose non stanno così.

Come funzionano i diritti nella pratica

Due o più soggetti possono trovarsi in una situazione di conflitto di diritti, i quali non saranno rispettati tutti contemporaneamente. Tuttavia, ciò non significa che i soggetti non abbiano diritti, bensì che la soddisfazione di un diritto avrà priorità o annullerà la soddisfazione di un altro. In alternativa, si dovrà cercare di massimizzare, laddove sia possibile, i diritti che sono rispettati. Pertanto, è necessario far rispettare i diritti degli animali che vivono allo stato brado, almeno nei casi in cui non si rischia di violare i diritti delle altre specie. Qualora ciò non fosse possibile, si dovrebbero cercare soluzioni alternative che permettano di raggiungere tale obiettivo.

Inoltre, poiché lo sfruttamento della fauna selvatica ha gravi ripercussioni sugli animali non umani, è chiaramente incompatibile con il rispetto dei loro diritti. Tuttavia, non esistono solo i diritti negativi, i quali implicano restrizioni, ma anche quelli positivi che richiedono la partecipazione diretta per favorire parti terze.


Ulteriori approfondimenti

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