Lo sfruttamento delle api

Lo sfruttamento delle api

Moltissime api soffrono in svariati modi perché sfruttate dagli esseri umani per la produzione di miele1 ed altri prodotti.

Molte persone possono pensare che le api non soffrano. Tuttavia, tutte le prove scientifiche disponibili dimostrano che queste, come molti altri invertebrati dotati di sistema nervoso centralizzato, hanno la capacità di provare dolore e piacere.2 Ciò nonostante le api, come avviene con altri animali, sono utilizzate per il profitto dell’uomo in maniere sconosciute a molte persone. Il loro sfruttamento è causa di sofferenza e di morte per molte di loro: questo avviene specialmente con il miele, che le api producono ingerendo il polline per poi rigurgitarlo ripetutamente.

Come molti altri invertebrati, anche le api soffrono

Alcune persone pensano che, nonostante gli animali siano in grado di provare dolore, non ci sia motivo di credere che anche gli invertebrati possano fare lo stesso. Questa credenza è comprensibile in quanto la maggioranza delle persone non ha avuto l’occasione di imparare molto al riguardo. Tuttavia, quando analizziamo il problema e prendiamo in considerazione le prove scientifiche a disposizione, scopriamo che questa supposizione difficilmente può essere considerata corretta. Ci sono moltissimi invertebrati che soddisfano chiaramente tutti i requisiti necessari per poter essere considerati coscienti: cioè sono in grado di vivere esperienze e, quindi, di provare dolore e piacere. Tra questi animali ricordiamo i polpi.3 Nel caso di altri invertebrati possiamo avere prove in misura minore che, tuttavia, sono sufficienti per giungere alla conclusione che questi animali sono coscienti.

Questo è ciò che accade nel caso delle api. Questi animali, proprio come altri insetti, altri artropodi come i crostacei e altri invertebrati, possiedono un sistema nervoso che include un cervello. Inoltre questi animali manifestano un comportamento sorprendentemente complesso: infatti comunicano tra di loro attraverso diversi tipi di movimenti del corpo (conosciuti anche come “danze”) per rendere note alle altre api la posizione dei fiori e dove raccogliere il polline, e hanno anche una memoria molto sviluppata che permette loro di ricordare dove si trovano i fiori e l’alveare. Le api sono animali sociali in grado di apprendere e di adottare comportamenti complessi, e sono perfino in grado di correggere la loro rotta di volo a causa del vento che incontrano mentre si dirigono verso una nuova fonte di nutrimento indicatagli da un’ altra ape.4 Come spieghiamo nella nostra sezione riguardo a cosa è così importante da essere moralmente preso in considerazione, questo fattore non dovrebbe essere considerato rilevante al fine di garantire il rispetto nei confronti di questi animali. Ciò che conta infatti, è che questi siano dotati di senso. Tuttavia, non potrebbero avere queste capacità se non fossero in grado di vivere esperienze positive e negative. Di conseguenza, il fatto che le possiedano ci permette di giungere alla conclusione che siano in grado di provare dolore e piacere, e sicuramente questo non si verifica solo nel caso delle api. Questi animali hanno una stretta relazione con altri invertebrati. Quindi se giungiamo alla conclusione, come l’evidenza ci obbliga, che le api sono animali dotati di senso, abbiamo delle forti motivazioni per concludere che anche molti altri invertebrati lo siano. Questo fatto è molto importante perché la grandissima maggioranza degli animali è composta da invertebrati, eppure molte persone li ignorano in quanto tali. Sicuramente alcuni di loro (come le spugne, ad esempio) non possono soffrire in quanto non sono dotate di un sistema nervoso, mentre altri (come le meduse) non possono soffrire perché dotate unicamente di sistema nervoso a rete, e quindi non centralizzato (necessario per poter provare dolore). Ma ci sono molti altri invertebrati che hanno invece un sistema nervoso centralizzato e che soffrono per davvero.

beeL’utilizzo delle api nella produzione di miele ed altri prodotti

Il miele viene prodotto dalle api che ingeriscono il nettare e lo rigurgitano per poi ripetere questo procedimento molte volte. Durante questo processo, il loro organismo aggiunge enzimi al nettare stesso. Le api ripongono il miele nei favi rigurgitandolo all’interno di una cella, che viene poi chiusa con della cera. Questo processo si verifica affinché il miele possa essere consumato dalle api in futuro. Dodici api operaie impiegano il tempo di una vita per produrre un cucchiaino di miele, mentre le api devono posarsi su più di due milioni di fiori per produrne circa mezzo chilo.5

L’obbiettivo principale dello sfruttamento delle api è la produzione di miele, che viene venduto in grandi quantità. Anche l’uso di altri prodotti implica uno sfruttamento delle api, e contribuisce a rendere profittevole ferirle in vari modi ed ucciderle.

TPer recuperare più facilmente il miele le arnie vengono spesso riscaldate mentre questo si trova ancora nella struttura in cui è stato fatto. Tuttavia molte api vengono spesso trasportate con esso e questo può causarne la morte. Un autore coinvolto nello sfruttamento delle api scrive: “Se non ci sono finestre nella stanza possono essere utilizzati altri metodi per sbarazzarsi delle api rimaste fuori dall’arnia, come ad esempio una griglia elettrica”.6

Quando il miele viene sottratto alle api e queste non vengono uccise, rimangono senza cibo. In questo caso lo zucchero viene impiegato come sostituto del miele per nutrire le api. Si sostiene talvolta che quest’ultimo non sia peggiore rispetto al miele; tuttavia non è adatto per le api quanto lo è il miele, dato che non le nutre in maniera appropriata.

Il miele non è l’unico prodotto derivante dallo sfruttamento delle api. Gli altri prodotti per cui questi animali vengono utilizzati includono il veleno, il polline, la pappa reale, la propoli e la cera.7

Il polline

Il polline viene raccolto dentro delle sacche presenti sulle zampe delle api. Queste lo raccolgono dai fiori e lo usano per nutrire i loro piccoli. Gli apicoltori mettono dei dispositivi all’entrata delle arnie per catturare parte di questo polline, che viene venduto per essere utilizzato come alimento destinato al consumo umano (nonostante possa causare delle reazioni allergiche in alcune persone).8 In questa maniera le api sono ancora in grado di nutrire i loro piccoli, ma avendo a disposizione una minore quantità di cibo dovranno lavorare molto di più per poterlo fare. Utilizzare il polline raccolto dagli umani è diventata una pratica popolare in quanto gli esseri umani non hanno ancora sviluppato un metodo efficace per raccogliere una varietà tanto ampia di polline come invece le api sono in grado di fare. Potrebbe essere possibile ma è poco probabile che ciò si verifichi fintanto che le api sono usate per convenienza.9

Il veleno delle api

Il veleno delle api si ottiene quando queste pungono qualcosa o qualcuno e viene attualmente utilizzato per scopi medici. Solitamente le api muoiono quando pungono qualcuno; il metodo tradizionale per ottenere il veleno implica l’ uccisione di una grande quantità di api. Attualmente i metodi più avanzati permettono di ucciderne un numero ridotto, eppure continuano ad esserci api che muoiono per questo motivo. Per la raccolta del veleno si utilizzano solitamente degli appositi strumenti che vengono posizionati all’ingresso dell’alveare. Quando le api lo raggiungono, questi strumenti emettono degli impulsi elettrici per stimolarle a pungere una lastra di raccolta, dalla quale viene successivamente estratto il veleno.

La cera d’api

La cera è una secrezione delle ghiandole situate nella parte inferiore dell’addome delle api che viene poi masticata dalle stesse. La produzione di cera è un processo molto faticoso; per produrne un determinata quantità un’ape deve consumare una quantità di miele equivalente a otto volte la quantità di cera prodotta. Tuttavia, le api ne hanno bisogno perché questa sostanza viene utilizzata per costruire gli alveari e per riparare eventuali buchi che possono esservi stati aperti.

La cera viene sottratta alle api per la produzione di candele e cosmetici, oltre che per alcuni prodotti alimentari e farmaceutici. Anche questo procedimento implica che le api debbano lavorare per produrre sempre più cera al fine di compensare la quantità di cui sono state private.10

La propoli

La propoli è una sostanza che le api utilizzano nella costruzione degli alveari come colla per coprire i piccoli buchi al loro interno. Viene inoltre impiegata per le sue proprietà antisettiche, e aiuta le api a tenere le infezioni micotiche al di fuori dell’alveare. Viene anche utilizzata per isolare le parti dell’alveare che possono rappresentare una minaccia per la loro salute (il che può succedere nel caso in cui un animale troppo grande per essere rimosso vi entrasse e morisse al suo interno). A differenza delle cera d’api, la propoli non è prodotta dalle api stesse; in realtà è una miscela resinosa che viene raccolta dai germogli degli alberi o da altre parti delle piante. Viene utilizzata dagli esseri umani per usi medici e per ulteriori scopi, come la produzione di cosmetici e vernici speciali.11 Anche in questo caso la sua estrazione implica che le api, per poter mantenere l’alveare al sicuro, debbano andare a raccoglierne di più di quanta ne abbiano bisogno.

La pappa reale

La pappa reale è il cibo speciale di cui si nutre l’ape regina e che viene prodotto dalle api per il suo sviluppo. Più che un tipo di miele, è una sostanza secreta dalle ghiandole ipofaringee delle api (per essere più precisi, dalle api operaie più giovani chiamate “api infermiere”). La pappa reale viene data all’ape regina e alle larve quando queste hanno meno di tre giorni di vita. Dopodiché, le api possono scegliere alcune larve per farle diventare le nuove regine, quando necessario (se la regina anziana muore o se si indebolisce, ad esempio). Le larve scelte per diventare regine vengono nutrite con la pappa reale, mentre le altre sono nutrite con prodotti diversi. La pappa reale innesca una serie di cambiamenti nell’organismo della larva che alla fine porteranno alla sua mutazione in ape regina. La pappa reale viene utilizzata come integratore alimentare o come medicinale (nonostante alcune persone vi siano altamente allergiche e possano avere delle reazioni gravi se ne consumano). Viene ottenuta dalle celle in cui si trovano le larve che diverranno api regine, il che significa che le api infermiere dovranno fare uno sforzo ancora maggiore per allevarle.

La covata

Infine un altro prodotto derivante da questi animali si chiama covata, ed è composto dai corpi delle giovani api.12 Il termine “covata” si utilizza generalmente per indicare i primi stadi dello sviluppo delle api, incluse lo stadio di uova, di larva e di pupa. Nonostante possa sembrare sorprendente, queste vengono mangiate, e possono essere conservate e consumate “fresche” o in “polvere”. Le larve delle api possono essere preparate in svariati modi, incluso bollite o fritte.

exploitation-of-bees-articleL’apicoltura

Gli apicoltori utilizzano spesso pratiche nocive per le api come il taglio delle ali o delle zampe e l’inseminazione artificiale.

Molte colonie muoiono durante l’inverno mentre molte altre sono deliberatamente uccise dagli apicoltori per ridurre i costi (è stato stimato che negli Stati Uniti circa il 10% – 20% delle colonie vengono distrutte ogni inverno, e in molti casi questo accade perché vengono lasciate morire). Molte api vengono semplicemente comprate quando gli apicoltori ne hanno nuovamente bisogno, dato che è economicamente più conveniente. Nelle località più fredde in particolare, gli alveari vengono bruciati con le api ancora al loro interno.

Nonostante non avvenga in natura, se il proprietario lo desidera gli alveari vengono divisi. In altri casi due colonie di api vengono unite, ma dato che può esserci solo un’unica ape regina, la più debole delle due verrà semplicemente uccisa.

Le api regine vengono uccise e rimpiazzate, a volte ogni sei mesi. Una nuova ape regina può essere comprata dagli apicoltori che inseminano artificialmente le api con lo sperma di fuco.

Il clippaggio e la marcatura dell’ape regina

Le ali dell’ape regina possono essere tagliate per impedire la “sciamatura”. La sciamatura è un processo durante il quale l’ape regina lascia la colonia assieme alle api operaie; ed è il modo in cui le colonie si riproducono.

Il taglio delle ali, detto clippaggio, viene spesso effettuato utilizzando uno strumento chiamato “baldock cage”, ossia un anello dotato di punte acuminate lungo il suo perimetro e con una rete che ne copre l’apertura.13 Questo viene utilizzato per intrappolare la regina mentre le sue ali vengono tagliate con una forbice. Altri metodi utilizzati per tagliare le ali dell’ape regina includono l’ utilizzo di uno stantuffo e di un tubo con una estremità in rete contro la quale l’ape viene trattenuta mentre le sue ali vengono tagliate.

L’autore di una guida per il taglio delle ali afferma che “Si prova una certa soddisfazione nel tagliare le ali e nel marcare ogni regina”.14

La marcatura delle api regine è un altro processo traumatico, come viene mostrato chiaramente in questo video.

La api vengono tenute ferme mentre la vernice viene applicata sul loro corpo. Chiaramente le api detestano questo trattamento che percepiscono come un atto di aggressione, e si divincolano per liberarsi.

L’inseminazione strumentale

L’inseminazione strumentale, conosciuta anche come inseminazione artificiale, è un processo mediante il quale lo sperma proveniente da vari esemplari maschi viene introdotto nelle api regine.15 Vengono utilizzati dei piccoli strumenti di metallo per aprire la “camera del pungiglione” dell’ape regina e inserirvi una siringa, il che rende l’intera esperienza molto stressante per lei. Questa procedura è fonte di moltissimo dolore per i fuchi e ne causa la morte; infatti questi vengono schiacciati dolorosamente per estrarne lo sperma. Un sito internet descrive in maniera dettagliata il processo come di seguito:

“Una eversione parziale viene ottenuta semplicemente tenendo il fuco per la testa e per il torace e stuzzicandone l’ addome. Solitamente è necessaria un’ulteriore stimolazione. Schiacciare la testa e il torace del fuco, tenendolo per il dorso e per il ventre. A volte può anche essere necessario applicare una lieve pressione sulla punta dell’addome per stimolare l’eversione.”16

La pratica di schiacciare un fuco d’ ape può essere vista cliccando qui. L’ape sembra essere viva per vari secondi mentre viene schiacciata; infatti possiamo notare che le sue antenne si stanno ancora muovendo.Lo sperma proveniente da numerose api morte viene quindi estratto e iniettato in un’ altra ape, come si può vedere in questo video.

Il viaggio dell’ape

Gruppi di api regine sono spesso trasportati da un luogo a un altro. Le condizioni alle quali le api sono costrette durante questi spostamenti possono essere altamente inadatte e dannose per loro. Le api regine spesso muoiono perché sottoposte a grandi sbalzi di temperatura, e possono anche essere esposte all’avvelenamento provocato da insetticidi o da altri prodotti tossici. Spesso sono costrette a passare alcuni giorni rinchiuse mentre vengono spostate da un luogo a un altro.

Inoltre, le malattie si diffondono molto più facilmente a causa del grande numero di api che vengono trasportate insieme. Nel paragrafo che segue vedremo quali sono le malattie che colpiscono le api.

Malattie

Come capita nel caso di molti altri animali sfruttati nelle fattorie, le condizioni in cui le api sono tenute e utilizzate aumentano la probabilità che queste soffrano di diverse malattie.17 C’è un’intera gamma di malattie che può colpire le api: la peste americana, la peste europea, Nosema apis, la sindrome dello spopolamento degli alveari, il fenomeno della covata calcificata e altri virus. Ciò rappresenta un’altra fonte di sofferenza e di morte per questi animali che va ad aggiungersi alle sofferenze derivanti dal loro sfruttamento. Questo non significa che le api non possano ammalarsi quando vivono dallo stato selvatico. Tale eventualità può verificarsi e infatti molte muoiono a causa di malattie, come succede nel caso di altri animali selvatici (sebbene ci siano delle maniere per evitare che ciò accada). Semplicemente la situazione di sfruttamento da parte degli esseri umani in cui le api vivono permette che queste vengano colpite da diverse malattie sia a causa dello stress a cui sono costrette, sia per il lavoro in eccesso che devono svolgere e inoltre perché non sono nutrite nel modo adatto.

Una malattia molto comune nelle api è la peste americana, che colpisce le larve che stanno crescendo e diventando api adulte. Il batterio chiamato Paenibacillus larvae ne contamina il cibo, per poi svilupparsi nelle viscere delle api che stanno crescendo. Successivamente il batterio inizia ad infettare l’intera larva, finché tutto ciò che rimane delle api non sono altro che batteri. Questa malattia infine causa la morte dell’intera colonia, in quanto uccide la covata che non può essere sostituita.

Questa malattia può diffondersi molto facilmente di colonia in colonia; è molto resistente alle alte a alle basse temperature e può anche sopravvivere per un periodo di 50 anni. Spesso le colonie colpite da questa malattia vengono bruciate.

Anche la peste europea colpisce le larve. Questa malattia viene causata dalla contaminazione del cibo da parte del batterio Melissocuccus pluton. Questo batterio si riproduce nelle viscere delle larve e si nutre del loro cibo, facendole morire di fame.

Sembra che le larve infette abbiano un colore bianco dovuto alla massa di batteri presenti al loro interno, o che appaiano parzialmente “sciolte”. Se una colonia è in gran parte infetta, viene semplicemente distrutta

Nel 2007 circa 700 000 colonie sono morte negli Stati Uniti. Si segnala che non c’erano segni di api morte all’interno degli alveari o nelle vicinanze. Questo fenomeno è stato chiamato sindrome dello spopolamento degli alveari o CCD (Colony Collapse Disorder in inglese). Le sue cause rimangono ancora sconosciute, tuttavia alcune spiegazioni includono contaminazioni chimiche, la presenza di agenti patogeni e parassiti e l’eccessivo stress delle api stesse.

Lo sviluppo di una covata calcificata deriva da una malattia causata dal fungo chiamato Ascophaera apis. Il fungo infetta le larve delle api, che diventano bianche e dure. Alcuni credono che questa malattia sia relazionata agli alti livelli di stress delle api.

Gli acari della trachea vivono nella trachea delle api e ne compromettono gravemente la capacità di respirare. Man mano che gli acari crescono abbandonano le api alla ricerca di un altro organismo che li possa ospitare. Se le api sono infette le si può vedere strisciare di fronte all’alveare e possono sembrare confuse e disorientate.

L’acaro Tropilaelaps è un altro animale parassita delle api. Questi acari vivono nell’emolinfa delle larve e causano enormi danni man mano che crescono.

Il parassita Varroa Destructor è al momento il più dannoso per le api. Questo si sposta all’interno della cella poco prima che questa venga chiusa e depone varie uova al suo interno. I piccoli acari infestano la larva all’interno della cella bevendone l’emolinfa. Se l’infestazione è grave ogni aspetto legato alla vita della colonia può diventare problematico. Le api possono essere malnutrite, deformate o avere le ali menomate.18

Non abbiamo bisogno di sfruttare le api

Lo sfruttamento delle api è uno dei tipi di sfruttamento animale che produce il maggior numero di morti (in particolare quando le api muoiono durante l’inverno e a causa del tracrollo della colonia). Tuttavia, nessuno dei prodotti derivanti dallo sfruttamento delle api è necessario per l’uomo. Non abbiamo bisogno di consumare miele o altri prodotti derivati dalle api. Se ci piace il gusto del miele e la sua consistenza possiamo utilizzare prodotti come lo sciroppo o la melassa. Alcuni di questi sono realmente di buona qualità, come ad esempio lo sciroppo di agave o lo sciroppo d’acero.


Ulteriori approfondimenti

Ambrose, J. T. (1992) “Management for honey production”, in Graham, J. M. (ed.) The hive and the honey bee, Hamilton: Dadant & Sons, pp. 601-665.

Bonney, R. (1990) Hive management: A seasonal guide for beekeepers, Pownal: Garden Way.

Bonney, R. (1993) Beekeeping: A practical guide, Pownal: Garden Way.

Knutsson, S. (2015a) The moral importance of small animals, tesi di Master, Gothenburg: University of Gothenburg [acesso: 4 gennaio 2016].

Knutsson, S. (2015b) “How good or bad is the life of an insect”, Simon Knutsson, Sep. [acesso: 4 gennaio 2016].

Krell, R. (1996) Value-added products from beekeeping, Rome: Food and Agriculture Organization of the United Nations.

Simics, M. (1998) “Commercial bee venom collection”, Bee Biz, 7, pp. 19-20.

Style, S. (1992) Honey: From hive to honeypot, San Francisco: Chronicle.

United Kingdom. Ministry of Agriculture, Fisheries and Food (1997) Select Committee on the European Communities. Session 1996-7, 8th Report. Production and marketing of honey, London: The Stationary Office.

U.S. Department of Agriculture (1994) The U.S. beekeeping industry, Washington, D.C.: U.S. Department of Agriculture.

Winston, M. (1987) The biology of the honey bee, Cambridge: Harvard University Press.


Note

1 Per un’analisi approfondita dei danni causati alle api dallo sfruttamento da parte degli esseri umani, si veda: Lewis, N. (2010) “Why honey is not vegan”, Vegetus.org [acesso: 15 gennaio 2021].

2 Balderrama, N.; Díaz, H.; Sequeda, A.; Núñez, N. & Maldonado, H. (1987) “Behavioral and pharmacological analysis of the stinging response in Africanized and Italian bees”, in Menzel, R. & Mercer, A. (eds.) Neurobiology and behavior of honeybees, New York: Springer, pp. 121-128. Núñez, J. A.; Almeida, L.; Balderrama, N. & Giurfa, M. (1997) “Alarm pheromone induces stress analgesia via an opioid system in the honeybee”, Physiology & Behaviour, 63, pp. 75-80. Chen, Y. L.; Hung, Y. S. & Yang, E. C. (2008) “Biogenic amine levels change in the brains of stressed honeybees”, Archives of Insect Biochemistry and Physiology, 68, pp. 241-250. Bateson, M.; Desire, S.; Gartside, S. E. & Wright, G. A. (2011) “Agitated honeybees exhibit pessimistic cognitive biases”, Current Biology, 21, pp. 1070-1073 [acesso: 27 febbraio 2017]. Klein, C. & Barron, A. B. (2016) “Insects have the capacity for subjective experience”, Animal Sentience, 9 [acesso: 27 febbraio 2017]. Loukola, O. J.; Perry, C. J.; Coscos, L. & Chittka, L. (2017) “Bumblebees show cognitive flexibility by improving on an observed complex behavior”, Science, 355, pp. 833-836.

3 I polpi hanno una capacità mentale maggiore rispetto a quella di molti altri invertebrati e simile a quella di alcuni mammiferi. Questo dato non è rilevante a livello morale, ma sembra che porti alla conclusione che questi animali siano dotati di senso in quanto, per poter disporre di tali capacità, devono essere prima di tutto coscienti. Questo dato dimostra inoltre che spesso considerare gli invertebrati come esseri molto semplici di cui non dovremmo preoccuparci è completamente fuorviante.

4 Riley, J. R.; Greggers, U.; Smith, A. D.; Reynolds, D. R.; Menzel, R. (2005) “The flight paths of honeybees recruited by the waggle dance”, Nature, 435, pp. 205-207.

5 North Carolina Department of Agriculture & Consumer Services (ca. 2010) “North Carolina honey…”, Marketing, North Carolina Department of Agriculture & Consumer Services [acesso: 12 Aprile 2016].

6 Root, A. I. (1980) The ABC and XYZ of bee culture: An encyclopedia pertaining to scientific and practical culture of bees, Medina: A.I. Root Co., p. 121.

7 Schmidt, J. & Buchmann, S. (1992) “Other products of the hive”, in Graham, J. M. (ed.) The hive and the honey bee, op. cit., pp. 927-988.

8 Dutau, G. & Rance, F. (2009) “Honey and honey-product allergies”, Revue Française d’Allergologie, 49 (6), pp. S16-S22.

9 Sammataro, D. & Avitabile, A. (2011) The beekeeper’s handbook, Ithaca: Cornell University Press.

10 Coggshall, W. L. & Morse, R. A. (1984) Beeswax: Production, harvesting, processing and products, Kalamazoo: Wicwas.

11 Simone-Finstrom, M.; Spivak, M. (2010) “Propolis and bee health: The natural history and significance of resin use by honey bees”, Apidologie, 41, pp. 295-311.

12 Narumi, S. (2004) “Honeybee brood as a nutritional food”, Honeybee Science, 25, pp. 119-124. Finke, M. D. (2005) “Nutrient composition of bee brood and its potential as human food”, Ecology of Food and Nutrition, 44, pp. 257-270.

13 Baldwin County Beekeeper Association (2012) “Clipping and marking queens”, baldwin county alabama beekeepers [acesso: 30 gennaio 2016].

14 Mac Giolla Coda, M. (1997) “Finding the queen: Guidance notes for finding, clipping and marking queens”, Dave Cushman’s Website [acesso: 23 marzo 2016].

15 Laidlaw, H. (1977) Instrumental insemination of honey bee queens: Pictorial instructional manual, Hamilton: Dadant & Sons.

16 Schley, P. (2014) “Instrumental insemination in bee breeding”, Instrumental Insemination of Bee Queens [acesso: 3 giugno 2016].

17 Shimanuki, H.; Knox, D. A.; Furgala, B.; Caron, D. M. & Williams, J. L. (1992) “Diseases and pests of honey bees”, in Graham, J. M. (ed.) The hive and the honey bee, op. cit., pp. 1083-1152.

18 Spivak, M. & Reuter, Gary S. (2001) “Varroa destructor infestation in untreated honey bee (Hymenoptera: Apidae) colonies selected for hygienic behavior”, Journal of Economic Entomology, 94, pp. 326-331 [acesso: 27 febbraio 2017].

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